Club Culture: rinasce il party. Quei favolosi anni novanta.

 
Erano i favolosi anni novanta e in Italia si respirava ancora aria di festa. Ogni sabato notte si percorrevano chilometri e chilometri per passare un carnevale settimanale sulle colline di Riccione mecca del divertimento notturno o un party a Firenze, culla del rinascimento. C’erano le ore di fila di fronte ai door selectors dei vari locali, la cura maniacale del look: apparire favolosi e diversi. Ogni sabato sembrava di entrare ed uscire dallo studio 54 di New York dove una impietosa Felicity Nirvana decretava se eri adatto o meno a far parte di un sabato da non dimenticare.

C’erano le telecamere di Match Music che riprendevano le situazioni più intriganti catapultando gli spettatori nelle situazioni più bizzarre, i reporter di Trend Magazine che fotografavano i personaggi più stravaganti, c’erano giovani stilisti che frequentavano feste senza fine, c’erano i colletti enormi delle camicie della Vivienne e le t shirt trasparenti di Gaultier, c’erano i tacchi alti, forse fin troppo. C’era una gran voglia di divertirsi e di stare insieme. Si ascoltava Italia Network durante gli spostamenti da un locale all’altro. Sembra passato un secolo da queste notti, dalle parole di della Santacroce in “Fluo”:

“La notte può finire da un momento all’altro. Il giorno sarà troppo impietoso con le nostre faccie sconvolte dal trucco disfatto e la donna di chiesa avrà sguardi cattivi per noi che in fondo viviamo come le stelle in un mondo buio e lontano.”

Sembra passato un secolo dalle favolose domeniche sere del Pascià dove si potevano incontrare Nicola Bini, Ettore e Placido al bar del privè circondati dagli affezzionati clienti: l’importante era esserci, con l’ultimo accessorio alla moda strappato dalle vetrine di Oscar, Papete, Maison Clauds Morene o LuisaViaRoma.

Non era difficile scorgere nelle notti fiorentine Gaultier o Mugler in location adibite a party di presentazione delle loro maison. Tutto era divertimento. La musica era happy e il groove era ben mixato alle battute della musica house.

C’era una gran voglia di divertirsi, un’atmosfera da club che dopo il passaggio del millennio si è andata a perdere con l’avvento della musica elettronica e minimal. I club si sono spogliati del glitter che li rendeva così magici. I privè si sono aperti a tutti e le discoteche sono diventate pian piano dei grandi e vuoti contenitori con nomi di dj stranieri altisonanti. Non c’era più la magia del club, i personaggi e gli amici si sono persi via via, sparita la voglia di stare insieme e di socialità. Si è perso tutto quel movimento che negli anni novanta ha generato cultura attraverso la sperimentazione nei locali.

Cultura non è solo quella istituzionale, a volte non lo è priorio, ma è anche e soprattutto quel movimento di moda, intesa come costume dominante, che fa propria la società, e che determina nuovi trend. La cultura è tale perché crea gruppo e genera significati, introduce nuovi codici comportamentali e crea la

voglia di aggregazione; e se questi movimenti nascono in molti casi dalla ricerca dell’estetica, del suono, come accade per la clubbing culture, tutto questo rappresenta sicuramente un valore aggiunto a quella che si può definire cultura ufficiale.

Da questa voglia di rivivere quel periodo, dalla cura del dettaglio, dall’atmosfera da club, nasce il concept di ogni serata Dok, Docshow everyweek: ogni persona è parte stessa della serata, animazione e fulcro dell’evento. Club culture: rinasce il party.